Arte ed architettura

Molti sono i capolavori dell’arte veronese e italiana del Settecento voluti dall’antico proprietario Pietro Antonio Serpini e ancora oggi patrimonio di Palazzo Paletta dai Prè.

Splendido esempio di stile rococò, il Palazzo ha visto all’opera un gruppo di artisti veronesi che fecero capo alla scuola di Antonio Balestra, il rinnovatore della pittura locale nel Settecento.

La facciata del palazzo

Il percorso d’eccezione alla scoperta dei capolavori unici di questa dimora veronese inizia dal portale su via Arcidiacono Pacifico , che reca lo stemma dei Butturini ed evoca le origini quattrocentesche dell’edificio.

In pietra dura, presenta un finissimo intaglio ed è attribuito sia a Gregorio Panteo sia -come suggerirono Franzoni o Simeoni- a Domenico da Lugo.

Le candelabre in pietra grigia ardesia sono popolate di putti, uccelletti e animali fantasiosi; i bellissimi capitelli con protome di cavallo alato negli angoli e busto femminile al centro, sorreggono l’arco a tutto sesto.

Nella serraglia dell’arco vi sono le insegne araldiche dei Butturini, nelle facce interne delle candelabre compaiono dei trofei d’armi pendenti da due bocche leonine, ed entro cartigli la scritta: Fausto-Fato.


L' atrio

Entrando nell’atrio, pavimentato in cotto, si nota a destra uno scalone preceduto da due statue che, probabilmente, rappresentano Paride ed Elena per analogia con le altre due statue e del soggetto iconografico scelto; all’inizio della seconda rampa vi è un Apollo realizzato dal nipote di Giambettino Cignaroli, Gaetano.

Gli stucchi e la statua di Diana sono attribuiti a Lorenzo Muttoni, scultore veronese che abitò nella contrada di Ponte Pietra, in Via Santa Felicita.

Il piano nobile

Entrati nel piano nobile il soffitto è stato affrescato e attribuito al ROTARI, mentre le pavimentazioni originali in terrazzo veneziano sono ancora visibili in quasi tutte le stanze.

Nel salone principale due grandi tele alle pareti raffigurano “Il sacrificio d’Ifigenia” di PIETRO ROTARI e “Achille trascina il corpo di Ettore” di CARLO SALIS, incorniciati da architetture dipinte a quadratura.

Entrambi i pittori erano allievi di ANTONIO BALESTRA caposcuola riconosciuto di gran parte del settecento Veronese. Le due enormi tele costituiscono il capolavoro per entrambi i pittori e furono sicuramente eseguite prima del 1752.

Della tela di Rotari resta il disegno preparatorio alla Bibliothèque Municipale di Ronen in Francia. Nello stesso salone, tra le architetture dipinte, compaiono una serie di affreschi monocromi con scene ispirati all’Iliade e all’Eneide di GIORGIO ANSELMI  eseguite nel 1765 (come l’autore stesso dichiara nella biografia riportata dallo scrittore veronese Diego Zannandreis).

Il soffitto del salone che sovrasta a nove metri d’altezza, sempre dipinto dallo stesso Anselmi, raffigura in affresco il “Trionfo di Giunone ed Atena”.

Nella sala successiva, la parete decorata a tempera con la tecnica del trompe l’oeil risale alla prima metà del sec. XIX.

Il soffitto ad affresco, sempre di ANSELMI, raffigura in ovale “Il Tempo e la Vanità”.

Il terzo soffitto di ANSELMI, ricordato da Dalla Rosa, che era dipinto ad olio, è scomparso.

Nel corso del restauro è stato ritrovato l’affresco a soffitto che Dalla Rosa ha attribuito a PECCHIO e a ZELOTTI.

Il Salone su Via Barchetta

Nel salone su Via Barchetta, parte aggiuntiva del palazzo quattrocentesco, il soffitto ad olio che raffigura l’allegoria della Fortuna o la Primavera, risale al ‘600.

Alle pareti, le 8 nature morte su tela –adattate entro stucchi del tardo Settecento- sono una tipologia rara se non unica a Verona, forse dipinte da Fra’ Giuseppe Falezza, carmelitano, operante largamente in zona Duomo.

In queste nature morte e nelle tele di Villa Allegri, i tagli compositivi, di impianto tardo-barocco, mostrano una chiara dipendenza dai modi del parmigiano Felice di Biagi detto Felice dei Fiori, lungamente attivo a Verona all’epoca e caposcuola di tutti gli specialisti del genere all’inizio del ‘700, dove lasciò una serie di seguaci e imitatori.